Francesco Pistoia è uno dei protagonisti del nostro Risorgimento che, dopo aver combattuto a San Martino durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, aveva abbracciato la carriera militare fino a diventare generale e poi senatore del Regno d’Italia
Nato a Isola Dovarese il 21 aprile 1838 da una famiglia piccolo borgese. Il padre Giovanni, un commerciante che portava ancora il nome di Pistoglia, gestiva insieme alla moglie Luigia il Caffè della Speranza, un animato centro di ritrovo dei borghigiani, che si affacciava sulla piazza maggiore, all’interno del quale forse circolavano idee liberali e sentimenti antiasburgici. Ancora bambino assistette ai moti del 1848 che diedero inizio alla prima Guerra d’Indipendenza (1848-49), e con ogni probabilità vide innalzare sulla piazza del paese l’albero della libertà, quando i suoi compaesani seppero della cacciata degli Austriaci a Cremona e in questo modo presero di sorpresa un reggimento di ulani in rotta verso Mantova. Come numerosi coetanei, Francesco si avvicinò alle idee risorgimentali e la sua avversione verso la dominazione austriaca lo condusse a compiere scelte importanti: mentre compiva gli studi presso il Seminario vescovile di Cremona, nella primavera del 1959 abbandonò furtivamente la città per raggiungere in segreto Torino e arruolarsi come volontario nell’esercito sabaudo, per poi essere inquadrato come soldato semplice nei 1° Reggimento fanteria della Brigata Savoia. Negli stessi mesi, un altro giovane isolano, Germano Dovara (1832-1892), appartenente a una ben più illustre famiglia isolana, il 24 marzo 1859 abbandonava il borgo per raggiungere Garibaldi e arruolarsi come soldato semplice nel corpo dei Cacciatori delle Alpi.
Allo scoppio della seconda Guerra d’Indipendenza (1859), la Brigata Savoia rimase come riserva, ma venne impiegata il 24 giugno durante la battaglia di Solferino e San Martino. Quel giorno Francesco si distinse per atti di valore guadagnando sul campo la promozione a sottotenente. Pur provenendo da una famiglia appartenente alla provincia lontana, forse spinto dall’entusiasmo dell’esperienza della recente guerra combattuta da tanti giovani patrioti, scelse di intraprendere la carriera militare nel Regio Esercito italiano, che proseguì per oltre quaranta anni e che gli permise di raggiungere i gradi più elevati. Partecipò alla sanguinosa campagna contro il brigantaggio nell’Italia del Sud, alla terza Guerra d’Indipendenza (1866) prendendo parte all’ingresso in Mantova del Regio Esercito. Dopo il diploma presso la Scuola di guerra di Torino, nel 1877, con il grado di maggiore, venne inviato all’Istituto topografico militare di Firenze dove acquisì imporranti competenze in campo topografico. Dopo il ritorno agli Stati maggiori, venne assegnato alla Divisione di Bologna con il grado di tenente colonnello e successivamente inviato al comando del 21º Reggimento di fanteria della Brigata Cremona, dove prese i gradi di colonnello. Nel 1896, promosso tenente generale, venne nominato comandante della Brigata Pinerolo, con la quale prese parte alla guerra in Eritrea. Rientrato in Italia viene nominato prima comandante della Divisione militare di Brescia, quindi del 7° Corpo d’armata fino al 1906, anno del collocamento in posizione ausiliaria per raggiunti limiti di età.
Conclusa la sua brillante esperienza militare, incanalò le sue energie nell’attività politica candidandosi nel 1900 nel collegio di Casalmaggiore per le elezioni dei rappresentanti alla Camera dei Deputati presentandosi come liberal-democratico della Sinistra giolittiana. Eletto in Parlamento per la ventunesima legislatura, sostenne il governo Giolitti-Zanardelli occupandosi principalmente di problemi di carattere militare. Il suo impegno politico proseguì in Parlamento dando sempre l’appoggio ai governi di Giovanni Giolitti. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Francesco Pistoia venne richiamato in servizio come consulente militare sino al 1916.
Nel 1919 decise di non ricandidarsi più e si ritirò a vita privata nel bel palazzo che si era fatto edificare a Isola Dovarese, in compagnia della moglie Amalia Canzi. Nominato senatore del Regno nel 1923, l’anziano generale partecipò raramente alle sedute della Camera alta a Roma. Si spense a Isola tre giorni prima del compimento del suo 89° anno il 18 aprile 1927, disponendo un funerale sobrio, privo di fiori e di discorsi retorici, dimostrando quella austerità che solo un grande militare al servizio del Paese aveva saputo donare sino in fondo.