La facciata disadorna dell’Oratorio di San Giuseppe è in realtà il forziere di un tesoro artistico che si cela all’interno.
Questo luogo di culto, nasce a latere di un importante progetto avviato per volontà di don Giovanni Maria Santi, parroco isolano vissuto a cavallo del XVI e XVII secolo: alla sua morte lasciò in eredità agli isolani un fondo di sostentamento che potesse donare dignità, speranza e opportunità ai meno abbienti. Parte della sua eredità fu destinata alla costruzione di questo edificio, che divenne simbolo dell’ente di carità.
La dedica al Santo è indicata attraverso la scultura sul portale recentemente restaurato: qui è infatti ritratto San Giuseppe come lavoratore da un lato, e davanti al miracolo della fioritura del virgulto dall’altro.
All’interno, un’unica navata accoglie i fedeli mostrando ricche raffigurazioni sulle pareti, opera dell’artista cremonese Domenico Joli, e con un ciclo di pitture attribuite a Vincenzo Borroni che rappresentano i momenti salienti della vita di San Giuseppe, figura che viene interpretata sotto molteplici sfaccettature, come lavoratore, come uomo, come padre, come precettore. Il culmine di questo personaggio è interpretato nella rappresentazione della Sacra Famiglia collocata nell’abside. Nella piccola chiesa è collocato un altare molto importante, che poco ha da invidiare in quanto a maestosità a quelli della chiesa arcipretale. Nella sagrestia è collocato un armadio per i paramenti sacri, opera del maestro parmigiano Giovanni Manfredini e dell’aiutante isolano Giovanni Tigoni. Tanta ricchezza fu oggetto di aspre critiche da parte della popolazione isolana nella seconda metà del Settecento, quando l’amministratore Bonzi fu accusato di sperperare i fondi dell’opera pia, progetto che, mantenuto in attività da tanti altri generosi isolani nel tempo, è a tutt’oggi in funzione nelle vesti dell’ASP San Giuseppe. Dono del generale Francesco Pistoja nel 1878 è la meridiana tracciata sulla facciata meridionale.