Il palazzo è stato per secoli la residenza storica della famiglia Dovara, che ha lasciato tracce nel nome e nella storia del borgo. L’edificio, che fa da cornice alla piazza gonzaghesca con i suoi nove archi, presenta elementi architettonici riconducibili al secolo XVIII ed è stato la dimora storica della famiglia dopo che aveva abbandonato la fortezza, situata su un terrapieno, posto sul lato opposto, munito di ripe e di una torre con barbacane sulla quale nel tardo ‘400 era stato collocato un orologio meccanico. Non si hanno notizie certe sulla sua costruzione, ma nel Catasto Teresiano del 1774 il palazzo risulta già porticato e di proprietà dei Dovara. All’interno sono presenti pregevoli decorazioni probabilmente del pittore mantovano Giovanni Majocchi detto il Motta e dal fratello Francesco. La famiglia ha abitato l’edificio sino agli anni ‘90 del secolo scorso: Ena Dovara è stata l’ultima esponente del ramo isolano di un casato che vantava avi illustri, come il leggendario Buoso Dovara, ghibellino e signore di Cremona nella metà del XIII secolo, ricordato da Dante fra i traditori della patria nel XXXII canto dell’Inferno. Durante l’800 i Dovara erano stati ingegneri e farmacisti e avevano dato il loro contributo alla causa Risorgimentale: Germano nel 1859 si era arruolato nei Cacciatori delle Alpi combattendo al fianco di Garibaldi, ed era partito per la guerra di liberazione del Meridione.
La piazza, su cui si affaccia palazzo Dovara, è il frutto di un interessante intervento di riqualificazione urbanistica voluta da Giulio Cesare Gonzaga, signore di Bozzolo, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, che avrebbe dovuto dare dignità di città al borgo rurale. Il principe, seguendo il progetto di Giulio Brunelli, aveva realizzato un ampio e armonioso spazio, ai cui lati sorgevano il Palazzo del Comune e il Palazzo della Guardia, circondato da una cortina di portici, che servivano ad ospitare l’antico mercato del giovedì, interrotta da una imponente porta che introduce al borgo, che è stata forse edificata per celebrare gli importanti riconoscimenti imperiali di Giulio Cesare, che aveva partecipato alla battaglia di Lepanto (1571) ed era stato alla corte di Massimiliano II dal 1576.