Apparteneva alla potente e ricca famiglia Dovara che si era insediata a Cremona verso la fine del secolo XI trasferendosi da Dovera, forse al seguito dell’arcivescovo di Milano Ariberto, quando aveva invaso il territorio di Cremona. Due sono stati i personaggi più importanti di essa: il vescovo Oberto (1117-1162) e Buoso (1250-1291). Quando la vita politica comunale si organizzò attorno alle fazioni, la famiglia si schierò con quella dei milites e successivamente si legò al partito dei ghibellini, posizione che non muterà mai, neppure quando Buoso perderà il potere, e il comune di Cremona sarà retto da un governo di parte guelfa e tutti gli esponenti della famiglia saranno costretti all’esilio per più di quarant’anni.
Alcuni esponenti dei da Dovara avevano ottenuto incarichi importanti all’interno del Comune cittadino ricoprendo la carica di consoli e podestà, mentre altri membri del casato avevano ottenuto a partire dal XIII secolo l’investitura feudale dal vescovo di Cremona. I beni, gestiti collettivamente dalla famiglia, erano posti in diverse località dell’episcopato: nell’Oltrepò fra Monticelli d’Ongina e Busseto, nella parte orientale della diocesi fra Viadana e Casalmaggiore, e lungo la riva destra del fiume Oglio fra Monticelli ripa d’Oglio, Costa ripa d’Oglio e Isola Dovarese. Si trattava dunque di un ingente patrimonio – costituito da feudi e da beni allodiali, a cui si aggiungevano rocche e fortificazioni, oltre alle residenze in città nella zona di Porta Ariberti – accresciuto nel secolo XIII grazie ad un’avveduta politica di investimenti fondiari in diverse terre dell’episcopato.
Nella seconda metà del Duecento, Buoso Dovara – capo carismatico del lignaggio e probabilmente uno dei cittadini più ricchi di Cremona – aveva ottenuto diversi incarichi politici grazie alla sua vicinanza all’imperator Federico. Nel 1244 è ricordato come podestà di Lodi, tre anni dopo lo troviamo podestà a Reggio Emilia, e sempre nel 1247 divenne signore di Sabbioneta, nel cui territorio la sua famiglia aveva numerose proprietà. Nel giugno del 1248 il comune di Soncino lo confermò podestà e signore per dieci anni, mentre nel 1255 la carica gli fu concessa a vita. Nel maggio del 1249, insieme con re Enzo, figlio di Federico II, venne catturato a Fossalta dai guelfi di Bologna e fu liberato nel 1251. Restò legato a Enzo rimasto prigioniero a Bologna e collaborò con lui in alcune transazioni finanziarie che riguardavano la scarcerazione di prigionieri bolognesi detenuti a Cremona.
Ritornato in città nel 1255 si era costruito un solido potere politico grazie a una fitta rete di relazioni politiche ed economicche e allacciando rapporti feudali con alcuni esponenti dell’aristocrazia cremonese, ottenendo nel 1261 la carica di podestà dell’Universitas Mercatorum e successivamente della Societas Populi, diventando il luogotenente del marchese Oberto Pelavicino, un potentissimo signore fondiario fuoriuscito di Parma, che deteneva la signoria della città di Cremona.
Saldamente insediato in città, Buoso e insieme agli altri membri della famiglia Dovara aveva fissato il suo quartier generale nelle case torri erette nella parte meridionale della città vecchia, fra le vicinie di Porta Ariberti – Santa Sofia, San Nicola, San Michele nuovo, San Bartolomeo, Santa Trinità e San Pietro. – dove aveva edificato un magnifico palazzo-fortezza che poteva senza dubbio rivaleggiare con il palazzo del comune sia come dimensione che come imponenza. Grazie alla sua abile strategia politica, iniziò dunque una imponente operazione di acquisti fondiari in città e soprattutto nella zona orientale contado fra i fiumi Oglio e Po, mirata a costituire una enclave sulla quale esercitare il proprio potere personale, documentata nelle fonti conservate all’Archivio di Stato di Mantova e in particolar modo nei registri del notaio Oliviero Solaroli che contengono atti che coprono un arco di tempo che va dal 1250 al 1267 circa.
Dopo la sconfitta di Manfredi di Svevia nella battaglia di Benevento (febbraio 1266), leader carismatico dei ghibellini italiani, a Cremona si insediò il governo guelfo – denominato Consorzio di fede e pace – che di fatto aveva scalzato il governo di Oberto Pallavicino, Buoso che non si era voluto piegare ai legati del papa, nell’aprile del 1267 fu bandito da Cremona. Riparò allora nella sua rocca posta lungo il fiume Oglio, nell’attuale località di Villarocca (comune di Pessina Cremonese), che aveva provveduto a fortificare, di cui restano ancora le tracce nella località Rocca, insieme al nipote Guglielmo, alla figlia Lisia, al fedele Gandione, portando con se i tesori di famiglia. Assediato dalle truppe cremonesi e da altre forze guelfe, oppose una leggendaria difesa, grazie anche all’appoggio di Mastino Della Scala. Fu proprio in corrispondenza della roccaforte che nel gennaio 1268 Corradino di Svevia, con l’aiuto di Buoso, guadò il fiume Oglio per scendere in Italia. Ma nonostante tutto. le speranze ghibelline, riposte nell’ultimo degli Svevi, andarono deluse quando giunse la notizia che l’esercito svevo era stato sconfitto a Tagliacozzo e che l’erede al trono era stato giustiziato il 29 novembre dello stesso anno. Nel marzo del 1269 Buoso abbandonò la rocca, e tentò di logorare i nemici attaccando la retroguardia. Cercò un ultimo disperato aiuto a Verona e in altre città, ma invano: i suoi fedeli compagni resistettero ancora qualche mese, ma furono poi costretti a capitolare il 25 luglio 1269, quando un convoglio di viveri inviati da Buoso non riuscì a superare il blocco degli assedianti. Finiva così il sogno di creare a Cremona il governo signorile della famiglia Dovara.
Nel 1271 insieme ad altri capi ghibellini, giurò fedeltà al re Alfonso X di Castiglia, che si era proclamato “rex electus Romanorum”; nel 1274 si recò personalmente in Spagna, assoldare truppe castigliane per affrontare i Torriani di Milano. Nel 1278 si unì al marchese del Monferrato, nuovo capo delle forze ghibelline e, con l’appoggio suo e dei Visconti, fra il 1281 e il 1282 riuscì a impossessarsi di Crema, Soncino e Romanengo. Tuttavia, l’alleanza tra Milano e Cremona, contro di lui e i Torriani, distrusse i suoi progetti che gli avrebbero permesso di tornare in patria e da questo momento dovette rinunciare alla possibilità di rientrare a Cremona. Nel 1285 venne eletto podestà di Vercelli, nel 1287 si trasferì a Pavia dove fece testamento, nominando il nipote nipote Guglielmo erede universale e lasciando molti beni agli ordini mendicanti e agli ospedali della sua città. Morì a Verona, probabilmente tra l’agosto e il settembre del 1291.
Dante lo collocò nell’ultimo cerchio dell’Inferno, fra i traditori della patria per essersi fatto corrompere dagli Angioni, che avevano attraversato il fiume Oglio, chiamati in aiuto dal papa per sconfiggere re Manfredi:
“Ei piange qui l’argento de’ Franceschi: Io vidi, potrai dir, quel da Duera Là dove i peccatori stanno freschi” (Inf. XXXII, 116).